a cura del dr. Leonardo Lasala
Importante sentenza della Cassazione (Sezione I Civile n.1869/2016) che nel dare un’interpretazione estensiva alla nozione di Consumatore, afferma che anche gli imprenditori e professionisti hanno possibilità di accedere alla ristrutturazione del debito per le obbligazione assunte nei confronti dei terzi. Tali debiti devono derivare dalla propria “personalità di vita sociale” ma nessuna inerenza diretta con l’attività professionale o d’impresa. Ricordiamo che la legge 3/2012 prevede che i soggetti in perdurante squilibrio economico tra le obbligazioni assunte (pagamenti da effettuare) ed il patrimonio liquidabile, con impossibilità di far fronte ai propri impegni, possono accedere alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento. Le procedure riguardano i debitori non soggetti al fallimento e dunque i iccoli imprenditori, i professionisti, i privati in genere, ecc.) quale disciplinato dal regio decreto 16/03/1942 numero 267 (legge fallimentare). Dunque il debitore può presentare istanza al Presidente del Tribunale per la nomina di un Professionista abilitato, che cura la proposta di accordo o il piano di rientro del debito. Le legge prevede – accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano proposto dal debitore nel caso in cui gli stessi siano di derivazione “imprenditoriale o professionale” (nei limiti della non fallibilità); in tal caso è necessario che la proposta sia approvata dal 60% dei creditori; – il piano del consumatore, inteso al medesimo risultato senza necessità di accordo con i creditori. Sia la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, sia il piano del consumatore, non comportano necessariamente la liquidazione dell’intero patrimonio del debitore. Entrambe le procedure comportano che il debitore possa essere ammesso a pagare i propri debiti anche in misura non integrale, a determinate condizioni e purché rispetti gli impegni assunti con la proposta di accordo. Il debitore deve proporre la ristrutturazione dei propri debiti e la soddisfazione dei creditori in qualsiasi modo, anche con l’eventuale cessione di propri crediti futuri. Occorre che il debitore dia conto di tutta la propria consistenza patrimoniale e che indichi elementi tali da far ritenere che l’accordo o il piano che egli propone sia fattibile (cioè realizzabile). Qualora sia necessario a tal fine l’intervento di terzi che offrano garanzie, occorre acquisire il loro consenso scritto con l’indicazione dei redditi o beni che essi mettono a disposizione. In termini procedurali dopo il deposito della richiesta ha luogo un procedimento inteso a verificare se sussistono le condizioni per l’omologazione. La proposta di accordo comporta che il tribunale ordini determinate forme di pubblicità. Il tribunale provvede quindi all’interpello di tutti i creditori e occorre che vi sia il consenso di tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dell’ammontare dei crediti. L’omologazione del piano del consumatore comporta anch’essa la convocazione dei creditori per la loro audizione, ma non per la raccolta di un voto o consenso. Il giudice omologa il piano quando: – verifica la sua idoneità ad assicurare il pagamento dei crediti che devono essere necessariamente soddisfatti; – esclude che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di potervi adempiere; – esclude che il consumatore abbia colposamente determinato il proprio sovraindebitamento anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali. Per ulteriori approfondimenti e/o valutazioni è possibile contattare l’AVOC ai recapiti riportati sul portale.