ecco i paesi dove conviene aprire un’attivita:italia sempre più penalizzata

Sul fronte “competitività”, l’Italia passa dalla 73° posizione alla 65° grazie alla riforma dei fallimenti.   Il posto ideale per aprire un’attività resta comunque Singapore, che domina da otto anni, seguita da Hong Kong e Nuova Zelanda. A dirlo è l’annuale report Doing business 2014 (“fare impresa”).   Gli Stati Uniti sono quarti, davanti alla prima tra le economie europee in classifica, la Danimarca.   Nessun Paese dell’euro-zona entra nella top ten: bisogna scendere fino al 12° posto della Finlandia.   Tra il 2012 e il 2013 (i dati offrono una fotografia della situazione fino a giugno), 114 Paesi hanno varato 238 riforme per facilitare la vita alle imprese. Tra questi si segnalano Ucraina, Rwanda, Russia, Filippine e Kosovo.   Questa è la classifica della competitività stilata dalla Banca mondiale che consegna il consueto frustrante risultato per l’Italia. Secondo la graduatoria che misura quanto sia facile (o difficile) fare impresa, in particolare per le Pmi, l’Italia si arrampica dal 73° al 65° posto su 189 Paesi considerati, a poco da Saint Lucia, isoletta delle Antille, e dalla Bielorussia. Anche il Brunei sta meglio di noi.   Secondo il report Doing business 2014, fare impresa sarebbe più semplice addirittura in Botswana (56° posto), in Tunisia (51°), in Armenia (37°). Il Rwanda, forte del suo 32° posto, si piazza davanti anche a Belgio (36°), Francia (38° posto) e Spagna (52°).   A farci scalare, in un anno, dal 73mo posto al 65mo, sarebbe stata – secondo il report – la riforme sulle tariffe degli avvocati e l’informatizzazione di alcune procedure dei tribunali.   Le modifiche alla disciplina della bancarotta hanno infine semplificato la gestione delle procedure fallimentari.   Alla voce “Aprire un’impresa”, l’Italia è  addirittura al 90° posto. La voce “Pagare le tasse” siamo al 138° posto: per versare le imposte sugli utili, sui consumi e i contributi sociali e previdenziali, un’azienda impiega in media 269 ore all’anno, con un prelievo complessivo pari al 65,8% dei profitti. 

 

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